Terapia chirurgica

  • Terapia chirurgica
  • Qual è il ruolo della chirurgia dell’articolazione temporo-mandibolare?
    La chirurgia dell’articolazione temporo-mandibolare ha assunto un importante ruolo nel trattamento primario o secondario delle patologie che coinvolgono l’articolazione stessa e le strutture ad essa connesse. Esistono condizioni morbose dell’articolazione temporo-mandibolare che devono essere trattate solo con terapia medica, altre condizioni morbose che devono essere trattate solo chirurgicamente ed altre ancora che necessitano inizialmente di un trattamento medico ma che devono essere trattate chirurgicamente in seconda istanza se il trattamento medico è stato inefficacie. Le condizioni patologiche che necessitano di un trattamento chirurgico primario sono: i disturbi della crescita, le anchilosi fibrose/ossee ed i tumori.
    Le condizioni che richiedono un trattamento chirurgico secondario sono: le artriti ed i disordini temporo-mandibolari.
    La chirurgia trova indicazione solo nel 5% dei pazienti affetti da disordini temporo-mandibolari.

    Nonostante il numero esiguo di pazienti, il trattamento chirurgico ha recentemente assunto un ruolo non marginale nel trattamento di questa patologia, grazie al diffondersi di tecniche chirurgiche mininvasive l’artrocentesi e l’artroscopia che hanno mostrato ottimi risultati con un basso costo biologico per i pazienti e quindi hanno rivoluzionato, così come in altri campi della medicina, il modo di trattare la patologia.


    Quali sono gli obiettivi della chirurgia dell’articolazione temporo-mandibolare?
    Secondo le linee guida della società americana dei chirurghi dell’articolazione temporo-mandibolare (ASTMJS) il trattamento della patologia disfunzionale, ivi compreso quindi anche il trattamento chirurgico, ha tre obiettivi: riduzione del dolore, miglioramento della funzionalità articolare e rallentamento della progressione della patologia. Un goal solo secondario della terapia dovrebbe essere la riduzione dell’interferenza del disco a causa del suo effetto negativo sul dolore, sulla funzionalità ed il suo possibile ruolo nello sviluppo di deformità ossee che avvengono negli stadi tardivi della patologia.


    Quali sono i pazienti candidati alla chirurgia dell’articolazione temporo-mandibolare?
    La chirurgia dell’articolazione trova indicazione esclusivamente nei disordini temporo-mandibolari articolari (internal derangement). Le linee guida della società americana dei chirurghi orali e maxillo-facciali (AAOMFS) fanno le seguenti raccomandazioni: la chirurgia è indicata per i pazienti con dolore e disfunzione che non rispondono alle terapie non chirurgiche; la chirurgia non deve essere eseguita primariamente per ragioni preventive.
    Il paziente candidato alla chirurgia dell’articolazione presenta le seguenti caratteristiche: localizzazione del dolore e della disfunzione a livello dell’articolazione, sensibilità dolorosa a livello articolare ed aumento del dolore con la masticazione. La decisione se intraprendere il trattamento chirurgico deve essere fatta sulla base della gravità dei sintomi e sulla impossibilità da parte del paziente di tollerarli e convivere con essi.


    Quanto dovrebbe durare la terapia non chirurgica prima di inviare il paziente ad un consulto chirurgico?
    La chirurgia dell’articolazione temporo-mandibolare storicamente era considerata “l’ultima spiaggia”; i pazienti venivano sottoposti a molteplici tentativi di terapie conservative per anni e solo quando queste terapie fallivano si richiedeva l’intervento del chirurgo che si trovava spesso ad operare articolazioni con una situazione molto compromessa. Questa vecchia concezione è cambiata grazie al diffondersi delle tecniche chirurgiche mininvasive che hanno maggiori probabilità di successo quando il paziente non è in uno stadio tardivo di malattia e quanto più precocemente è eseguito l’intervento chirurgico.
    Attualmente la tendenza è quella di considerare la chirurgia dei disordini temporo-mandibolare parte integrante delle altre terapie (placche occlusali, terapia farmacologica, fisioterapia) a cui va associato il trattamento chirurgico che è possibile eseguire in concomitanza con esse.
    Come raccomandato dalle succitate linee guida della società americana dei chirurghi dell’articolazione temporo-mandibolare (ASTMJS), se il dolore e la disfunzione persistono dopo un breve trattamento conservativo, i pazienti dovrebbero eseguire prima possibile una visita chirurgica per valutare l’utilità di associare un trattamento chirurgico mininvasivo.


    Quali sono le tecniche chirurgiche utilizzate e come si procede nella loro scelta?
    Per la terapia chirurgica dei disordini temporo-mandibolari funzionali (internal derangement), generalmente si distingue un approccio mininvasivo che prevede le seguenti procedure chirurgiche:
    • artrocentesi
    • artrocentesi visuale
    • artroscopia diagnostica-operativa

    Si distingue altresì un approccio aperto all’articolazione con le seguenti possibilità chirurgiche:
    • artroplastica con riposizionamento del disco o discectomia
    • condilotomia


    La sostituzione protesica dell’articolazione generalmente non è indicata inizialmente nei disordini temporo-mandibolari ma, potrebbe trovare indicazione nei pazienti con degenerazione articolare molto grave o nei pazienti che hanno subito più interventi sull’articolazione temporo-mandibolare.

    Un concetto molto importante, oramai condiviso da tutti gli esperti e supportato dalla letteratura, è quello di dover procedere, nella scelta della procedura chirurgica, per gradi di invasività. Si inizierà quindi la cascata delle procedure, scegliendo quella meno invasiva e passando a quelle successive più invasive solo se le procedure precedenti hanno avuto un risultato negativo.